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Bibliografia - Le forme musicali

Bibliografia

Le forme musicali

Autore: Riccardo Nielsen
Editore: Bongiovanni
Pagine: 350
Lingua: italiano

Prefazione

Scopo di questo trattato è di dare agli allievi di composizione e a tutti coloro che si interessano di musica o in essa operano (esecutori, concertisti) uno strumento pratico, una guida per accostarsi a quelli che sono i fondamentali problemi delle forme musicali. Vuole soprattutto indicare la via che si deve percorrere per impadronirsi di esse quali unici mezzi per rendere intellegibile il mondo del suono che, così organizzato, diventa prodotto dell'intelligenza umana avvalentesi di leggi che nella loro autonomia musicale trascendono il singolo individuo, ma pur sempre risultato di un clima storico, di una civiltà che varia col variare di queste.
Perciò la trattazione delle singole forme è preceduta da una breve storia del loro divenire che ne rivela così anche la ragione d'essere così come sono e non altrimenti.
Di qui l'impostazione storicistica che si dà alla materia trattata che dell'analisi tecnica si vale come strumento di intelligenza del problema.

Naturalmente dato lo scopo prefissato ed i precisi limiti imposti questo problema troverà la sua soluzione nella logica delle leggi esclusivamente musicali e pertanto presupporrà nel lettore una conoscenza del linguaggio e del "modus cogitandi" della musica. Nè perciò potranno essere approfonditi quelli che sono i problemi storici, le cause di una determinata società. Esulano essi dal nostro compito.
Averne fatto cenno ed aver cercato di inquadrarli nel fenomeno storico vuol semplicemente significare che il fenomeno "forma" non è spiegabile al di fuori dell'ambiente storico e sociale in cui nasce, si sviluppa e si completa e questo dato di fatto dovrà sempre essere tenuto presente anche in una trattazione squisitamente tecnica come questa, se dalla forma si vuol penstrare non solo il lato esteriore, ma l'intima essenza ed il suo più profondo significato.

Data questa premessa ne consegue che saranno prese in esame soltanto quelle forme che "sono" o che "sono state" e non quelle che "sono in divenire" anche se queste, quali prodotti delle nuove tendenze della musica contemporanea, particolarmente ci dovrebbero interessare perché in esse operano e si sviluppano le nuove leve dei compositori.
Ma per un loro giusto inquadramento non solo ci manca la prospettiva storica, ma ci mancano anche quegli strumenti di riferimento formale che permettono di riconoscere la loro esatta strutturazione.
Così si è costretti, quando si voglia procedere ad una loro analisi, a richiamare a pure analogie con forme che solo esteriormente sono uguali e per questa mancanza di paradigmi, per il fatto di non sapere se in alcuni casi ci si possa trovare di fronte a proto-forme piuttosto che a deformazioni di forme già esistenti non si è voluto né potuto oltrepassare il limite che è segnato dall'avvento della pratica dodecafonica.
Di questa si sono indicati sommariamente i procedimenti tecnici che sono dati di fatto acquisiti; si è proceduto all'analisi di molte opere che di questa pratica sono il frutto e nelle analisi a questi dati di fatto ci si è riferiti in modo specifico, ma si è proceduto con estrema cautela all'attribuzione di queste opere a tipi di forme già esistenti nella convinzione che le analogie, gli accostamenti formali in molti casi siano soltano esteriori, siano un modo di comodo per indicare con nomi abituali forme che ben poco nella sostanza, se non nell'aspetto esterno, hanno in comune con quelle alle quali con questi nomi si fa riferimento.
In particolare alle forme Sonata con tutti i suoi derivati e Fuga, cioé alle due forme la cui esistenza è intimamente legata al principio della tonalità e del bipolarismo Tonica-Dominante, principio che col metodo dodecafonico viene abolito e che di conseguenza porta ad un rivoluzionamento dei rapporti dialettici e, nel caso della Sonata, alla distruzione del conflitto drammatico creato dalla tensione dei centri tonali.
Naturalmente questo non vale per quelle forme che a questo principio non fanno preciso riferimento, a quelle cioé le cui origini sono anteriori all'avvento del mondo tonale, che si sono sviluppate ed affermate all'epoca del modalismo, nel Medioevo dunque, vale a dire alle forme contrappuntistiche, a quelle imitative, a quelle canoniche, a quelle su Cantus Firmus e sull'iterazione di questo (ostinato), a quella basantisi sullo stilema della diminuzione che nel suo sviluppo porterà al principio della variazione. Queste forme, nella struttura e nella sostanza, rimangono invariate indipendentemente dal linguaggio musicale usato che potrà indifferentemente essere modale, tonale o dodecafonico. Le differenze che da questi linguaggi potranno risultare saranno sempre e soltanto di carattere sintattico e mai strutturale.

Se dunque l'inizio di quella crisi di classificazione morfologica secondo schemi tradizionali si identifica con l'affermarsi del metodo di comporre con dodici suoni, essa crisi s'accentua ancor di più con l'avvento della serializzazione integrale operata dai post-weberniani.
E' questa l'estensione dell'organizzazione seriale, limitata nella musica dodecafonica alla sola altezza, alla durata, all'intensità, al timbro dei suoni, non solo, ma anche alla densità dei complessi sonori (il numero dei suoni concomitanti) al modo d'attacco, al tempo (nei suoi valori metronomici), al raggruppamento della battute, al registro.
Gli elementi così serializzati vengono investiti di specifiche funzioni costruttive. E questa radicalizzazione della serialità trova il suo logico sbocco nella musica elettronica la quale, innovando totalmente il materiale sonoro, scardina completamente con l'impiego di micro-intervalli e di intervalli riferibili a scale diverse da quella temperata il sistema temperato basantesi sui dodici suoni della scala cromatica e con ciò anche la dodecafonia cosiddetta classica, di cui serba e sviluppa appunto il solo principio dell'organizzazione seriale.
La materia sonora elettronicamente generata, pressoché illimitata, comprende: il "tono" quale elemento acusticamente puro (privo d'armonici) e perciò indivisibile; la "sonorità" cioè il tono arricchito timbricamente di suoi armonici; la "concomitanza sonora" vale a dire un raggruppamento di "sonorità" (corrispondente a quello che potrebbe essere un accordo); il "rumore" quale forma sonora amorfa; le "misure sonore" queli addizioni di sonorità all'infuori della scala naturale dei suoni.
Tutto ciò crea nuovi problemi anche di natura formale, dalla portata incalcolabile di cui oggi non è ancora possibile indicare le soluzioni in quanto manca l'indicazione di quali siano gli elementi da considerare come determinanti le articolazioni strutturali.

Precisata così l'impostazione che si è voluta dare alla trattazione della materia ed enunciate le ragioni che hanno consigliato di non avventurarsi oltre quei limiti in cui questa materia possa divenire opinabile, si crede opportuno avvisare il lettore che la mancata inclusione di molti testi musicati di opere analizzate è dovuta al desiderio di non rendere inutilmente ingombrante il volume, specie quando la citazione deve essere fatta per esteso ed il testo sia facilmente reperibile.

Un particolare ringraziamento vada alle Case Editrici che hanno gentilmente concesso la riproduzione di esempi tratti da opere di loro proprietà.

Riccardo Nielsen - Ferrara, Marzo 1959.


Il volume costituisce un testo di riferimento per lo studio delle forme musicali, dal Medioevo fino ai limiti (accennati) della dodecafonia.
Utile agli studenti di conservatorio che vogliano addentrarsi nella conoscenza maggiore della forma, come punto di partenza per una migliore comprensione del compositore e una più corretta esecuzione strumentale, e agli appassionati di musica che vogliano inquadrare più correttamente le strutture formali delle composizioni che amano.