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Analisi musicale - Contrappunto, imitazione, fuga

Analisi delle forme

Contrappunto e imitazione

Con la parola contrappunto identifichiamo lo stile di scrittura polifonica risalente ai secoli medievali in cui nacque la polifonia, ossia a partire dal IX-X. Nei centri di cultura Europei, particolarmente nelle fiorenti cappelle musicali annesse alle grandi abbazie, dapprima con la pratica degli organum, poi con forme via via sempre più complesse iniziava a delinearsi un nuovo arricchimento formale alla pratica del Canto Gregoriano : quello della nota (puncto) contro nota, ossia della simultaneità di due o più voci (polifonia).

Attraverso i secoli, e grazie anche allo sviluppo della notazione musicale neumatica, che conquistò ben presto il fondamentale carattere del mensuralismo, si rese possibile uno stile compositivo estremamente complesso sviluppando varie voci tra loro indipendenti nella stessa composizione. Dopo le prime esperienze degne di nota della scuola inglese nel XV secolo, che codificarono virtualmente la composizione polifonica vocale a quattro voci indipendenti (tenor, contratenor altus, contratenor bassus, superius), fu però con l'avvento della scuola dei compositori fiamminghi che la polifonia ed il contrappunto raggiunsero ed imposero la loro egemonia su tutta l'Europa, dapprima nella musica sacra vocale, poi anche in quella profana (e quindi strumentale).

Tra le prime forme risalenti al '500 di musica polifonica annotiamo il bicinium strumentale, ricercare, la chanson polifonica.

In realtà il confine tra queste varie forme non era ben delineato tanto che già nel '500 il termine "fuga", ad esempio, che come forma matura rappresenta una composizione appartenente al secolo successivo, era già utilizzato nei territori tedeschi per indicare l'equivalente del ricercare italiano.

La musica polifonica in genere si basa, oltreché sul contrappunto, ossia sull'arte di accostare nota contro nota formando accordi consonanti, anche su uno sviluppo orizzontale delle varie voci, sfruttando il principio dell'imitazione. Varie sono le forme e le tecniche di imitazione, e in tale arte furono senz'altro i maestri fiamminghi, tra i quali citiamo Dufay, Ocheghem, Des Prez, Willaert, Lasso, a primeggiare nelle cappelle musicali più importanti d'Europa dal 1400 fino alla metà inoltrata del secolo successivo.

Fu questa scuola di compositori che codificò quindi l'imitazione di un tema secondo le varie modalità che incontreranno grandi successi nei compositori che seguiranno. L'imitazione poteva essere canonica, per moto retto, contrario, inverso, contrario e inverso, e così via... l'abilità dei fiamminghi fu tale che i più difficili artifizi contrappuntistici arrivavano a costituire dei veri e propri "enigmi".

Tali metodi di scrittura vennero poi perfezionati nel secolo seguente, ad opera di compositori tra cui su tutti spiccano Giovanni Pierluigi da Palestrina e Johann Sebastian Bach.

Prima di addentrarci nell'analisi di pezzi polifonici fortemente caratteristici è opportuno citare brevemente un poco di terminologia specifica, iniziando innanzi tutto dai tipi più comuni di imitazione.

L'imitazione è un procedimento che implica per forza di cose la ripetizione di un tema, o soggetto (nelle fughe). Tale imitazione può essere severa (o rigorosa), quando cioè nella riproposizione il tema (o soggetto) non subisce variazioni né ritmiche che melodiche. Si dice invece imitazione libera quella che pur rispettando la figurazione ritmica modifica uno o più dei suoi intervalli, a patto però di non stravolgere l'idea melodica di base.

L'imitazione può avvenire anche per "aggravamento", se i valori ritmici del tema vengono dilatati, mantenendo però tra loro la stessa proporzione; o per "diminuzione", se vice versa i valori riducono le loro figurazioni ritmiche.

Infine l'imitazione può avvenire per moto retto o per moto contrario (cioè se nel tema una voce effettuava una scala ascendente, nell'imitazione tale scala sarà discendente con gli stessi intervalli, solo nella direzione opposta); infine l'imitazione può avvenire per moto retrogrado, quando il tema viene riproposto dall'ultima nota alla prima. Va da sé che più tecniche polifoniche tra quelle esposte possono comparire contemporaneamente, pertanto è possibile trovare un'imitazione per moto contrario e retrograda.

Il contrappunto può invece classificarsi come semplice, doppio, triplo, ecc... a seconda del numero delle voci presenti, con la clausola che ciascuna voce possa essere trasportata (normalmente ciò avviene all'ottava) per fungere da basso armonica per le altre. Questa "intercambiabilità" delle parti, senza incorrere in errori armonici, è alla base delle difficoltà della scrittura contrappuntistica.

La fuga

Questa forma polifonica, sia vocale che strumentale, trova le sue radici nella solidissima pratica contrappuntistica fiamminga che nei secoli XVI e XVII matura fino ad assumere una connotazione ben definita e a raggiungere i più alti traguardi di complessità formale sotto l'arte di J.S.Bach : le 24 fughe del Clavicembalo ben temperato e l'arte della fuga BWV 1080 rappresentano pietre miliari nella storia di questa forma. Storia che per la verità continua anche nei secoli seguenti, visto che anche compositori di epoche successive utilizzeranno riadattandola questa nobile forma nelle loro composizioni. Basti pensare a Mozart, nel finale della sinfonia K.551 Jupiter, o a Beethoven, nelle già avanzatissime sonate per pianoforte Opp.106 e 110, fino a Hindemith e alla sinfonia dei Salmi di Stravinskij.

La struttura della fuga-tipo, che andremo ad analizzare, è però quella risalente all'epoca bachiana.

Essa è composta da tre sezioni : l'esposizione, i divertimenti, gli stretti.

Nella sezione dell'esposizione viene, appunto, presentato il tema, che nella fuga assume il nome di soggetto. Inizia a proporre il soggetto una delle quattro voci; e tale soggetto è subito riconoscibile in quanto ha un andamento ritmico e melodico molto caratteristico, tendenzialmente breve, in modo da poter essere poi ritrovato con facilità dall'ascoltatore nelle fasi successive del brano. Terminata l'esposizione del soggetto da parte di una delle voci, ecco entrare la seconda, che esegue il medesimo soggetto, chiamato, per via della sua funzione, "risposta". La risposta può essere reale se l'imitazione è rigorosa, ossia mantiene inalterati i valori ritmici e l'andamento melodico (gli intervalli); tonale, se avviene in un'altra tonalità (solitamente la dominante), e vengono effettuate delle modifiche agli intervalli per adeguarsi alla nuova posizione (mutazioni). Di qui la classificazione di fuga "reale" e di fuga "tonale". Durante la risposta, è frequente che la prima voce ad entrare esegua un nuovo tema, denominato "contro-soggetto", scritto solitamente in contrappunto doppio con la risposta. Ciò significa che la risposta e il contro-soggetto possono essere scambiati fungendo da buon basso armonico l'uno per l'altro indifferentemente senza incorrere in errori ortografici di scrittura.

La parte dell'esposizione procede poi con l'esposizione del soggetto in una terza voce, ed infine in una quarta voce, con le altre che possono riproporre dei contro-soggetti o delle sezioni contrappuntate libere, senza cioé che vi si debba leggere all'interno un "motivo tematico".

Terminata l'esposizione nelle varie voci, si passa alla fase dei divertimenti: parti libere in cui avvengono modulazioni ai toni vicini e riproposizioni del soggetto (o di parte di esso) nei nuovi toni raggiunti, alternate a sezioni in contrappunto libero.

Una volta riaffermata la tonalità d'impianto, ecco la sezione conclusiva, che per convenzione viene denominata "degli stretti". Si ha uno stretto quando una voce inizia l'imitazione del soggetto mentre la prima non ha ancora terminato la propria esposizione, creando quindi sovrapposizione tematica. Gli stretti sono soliti presentarsi nella parte conclusiva della fuga, ma ciò non toglie che esistano fughe senza stretti in questa sezione ed anzi, tale tecnica venga usata nella parte centrale del brano.

In conclusione è frequente trovare anche pedali armonici, di dominante o di tonica. Si veda per esempio la Fuga n.2 in do minore del clavicembalo ben temperato di Bach, Libro II (presenta un lungo pedale di tonica nelle battute conclusive su cui viene riproposto il soggetto).

Per l'analisi di una fuga Bachiana vedi il menù a sinistra nella sezione "Esempi di Analisi".

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