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Lo studio del pianoforte - Considerazioni generali

Lo studio del pianoforte - L'Interpretazione

Considerazioni generali

L'acquisizione della tecnica pianistica è senza dubbio il primo passo per suonare il pianoforte, ma da sola non basta per poter "fare musica". La tecnica è il mezzo, lo strumento, l'abilità che ci consente di creare l'arte della musica, non ne è e non ne deve mai essere il fine.

Quando visitiamo una mostra di pittura, entriamo in contatto con il mondo dell'artista: di fronte ad un quadro egli stesso ci parla, e noi siamo in grado di cogliere direttamente dalla sua arte l'essenza del suo messaggio. Analogamente, se leggiamo una poesia o un libro, lo scrittore ci trasmette direttamente il significato della sua creazione: siamo in grado di far rivivere l'opera d'arte senza bisogno dell'intervento di una terza persona.

In realtà, può accadere che un intermediario, tra noi e l'artista, ci permetta di cogliere meglio l'essenza del messaggio: leggere un libro specifico prima di visionare un quadro, o ascoltare l'audioguida una volta al museo, migliora certamente la fruizione dell'opera d'arte, ma di fatto potrebbe non esserne necessaria.

In musica invece, è sempre necessaria la presenza di un altro artista, l'interprete, che faccia rivivere la creazione musicale proponendola al fruitore. La musica infatti è un'arte che vive solo quando viene praticata: quando c'è silenzio, l'arte si ferma.

La presenza di un'interprete, che faccia rivivere il messaggio del compositore, pone il problema dell'interpretazione. E' noto infatti che lo stesso brano suonato da due musicisti verrà eseguito in due modi differenti: è quindi da considerarsi una creazione artistica anche l'esecuzione di una partitura, non solo la composizione.

Di qui nasce il problema dell'interpretazione musicale di un brano, e pianistica nel nostro caso. Interpretare significa dunque far rivivere l'idea originale del compositore, cercando di far si che il messaggio artistico passi dal compositore stesso al pubblico. L'idea di base è quindi un buon punto di partenza dal quale muoversi. Bisogna porsi la domanda "che cosa voleva dire il compositore con queste note?", e di li cercare di trovare la migliore soluzione possibile con i mezzi tecnici a propria disposizione.

Ciò quindi presuppone un percorso di ricerca da parte del pianista, non meno difficile di quello tecnico, che parte dalla personale esperienza del proprio orecchio, della propria fantasia, nonché della conoscenza storica dell'autore e del brano in questione. Personalmente credo che una prima visione interpretativa vada acquisita con l'ascolto, meglio se dal vivo, di un grande artista. Ciò contribuisce a plasmare una linea guida nella mente del futuro esecutore, un traguardo a cui tendere, e ciò da' anche lo stimolo necessario ed essenziale al miglioramento del brano in fase di studio.

Apparirà chiaro, dall'introduzione fatta, che l'ascolto è parte essenziale per il miglioramento del proprio livello pianistico (musicale in genere). L'ascolto va inteso nel senso più ampio del termine: è necessario, fondamentale, ascoltare non solo la musica che si sta studiando, o la musica per il proprio strumento. Più si ascoltano generi diversi, più il nostro orecchio si raffinerà, più la fantasia verrà stimolata, più la nostra mente avrà un bagaglio di conoscenze ampie dalle quali costruire il nostro essere musicisti.

Quando ero molto più indietro nello studio del pianoforte mi capitò, parlando con un pianista, di sapere che lui andava a lezione di "musicalità" da un chitarrista. Ciò mi lasciò molto dubbioso e perplesso, perché allora ritenevo che "un pianista dovesse andare a lezione da un pianista". In seguito, dopo aver visto un violoncellista che andava a perfezionarsi con un pianista, sfatai parzialmente questo mito di gioventù, e man mano che mi aprii all'ascolto attento degli altri strumenti diversi dal mio, capii ben presto il perché. Personalmente devo dire di aver appreso moltissimo sulla musicalità ascoltando la musica vocale di J.S.Bach, in particolare le Passioni, le Messe e l'enorme corpus delle Cantate. La musica è una cosa che prescinde dal singolo strumento sul quale viene creata, e può essere quindi trasmessa da un musicista all'altro anche se non si condivide lo stesso mezzo per realizzarla. Pensiamo ad un paradosso: spesso un direttore d'orchestra non sa suonare nessuno degli strumenti che dirige. Ciò non gli impedisce certo di trasmettere le sue idee musicali agli orchestrali, e a loro di farle proprie. L'ascolto inoltre plasma l'orecchio, lo abitua ad ascoltare certe sonorità, certe sfumature, che nella mente dello studente attento saranno la base, unite alla fantasia, per la ricerca interpretativa personale.

Ho parlato, qualche riga più sopra, anche della conoscenza storica dell'autore e del brano come elementi cardine per poter creare una interpretazione "corretta" del brano che si sta studiando. Per i motivi sopra elencati, esiste altresì anche una storia dell'interpretazione, o meglio dire della "prassi esecutiva", che fa si che lo stesso brano, in epoche differenti, venga eseguito in modo diverso: cambiano infatti le tecniche costruttive degli strumenti, la modalità di studio, i gusti del pubblico, e fors'anche la conoscenza storica del compositore. Esistono ovviamente anche scuole di pensiero differenti, che a parità degli elementi citati, facciano scelte differenti.

Una delle diatribe più accese che mi sia capitato di conoscere, e nella quale mi sono a mia volta imbattuto, è se le opere di J.S.Bach vadano suonate sul pianoforte moderno, e se si, con che uso dei pedali di risonanza e di sordino. I filologi si battono per l'interpretazione solo su clavicembalo, o al limite sul pianoforte senza l'utilizzo dei pedali, che creano effetti sonori assolutamente estranei a quelli del cembalo, sul quale queste opere vennero composte da Bach. I "progressisti" contrappongono l'idea che se Bach avesse avuto a disposizione uno strumento come i moderni pianoforti, ne avrebbe senz'altro utilizzato tutte le potenzialità, pertanto sarebbe non opportuno castrare lo strumento per simularne un altro più antico. La nascita di una vera e propria scuola di pensiero che si batte per le interpretazioni filologiche è materia degli ultimi 20-30 anni, di qui il fiorire di orchestre di stampo barocco che utilizzano strumenti d'epoca o riproduzioni fedeli degli strumenti d'un tempo: basti citare gli "English Baroque Soloists" diretti da J.E.Gardiner, la "Collegium Vocale Gent" fondata e diretta da P.Herreweghe o la "Petite Band" di S.Kuijken.

Come si vede la ricerca interpretativa è senza dubbio una materia vasta e in qualche misura opinabile e soggettiva. Nonostante questo cercherò di dare alcune linee guida.