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Storia della musica: La polifonia nel '500

Tesi n.11 - La polifonia del '500

11.1 - Quadro storico

Dal matrimonio di Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona nel 1469 nacque Giovanna la Pazza, che sposa in seguito di Filippo I d'Asburgo, figlio a sua volta di Massimiliano I imperatore d'Austria e di Maria di Borgogna, discendente dei duchi borgognoni. Dal matrimonio tra Filippo e Giovanna nacque il sovrano che riunirà sotto di sé un potente ed esteso regno comprendente la Spagna e le colonie americane: Carlo I.

Dopo la morte del nonno Massimiliano I, Carlo I ereditò anche la Germania e la Borgogna, ed il suo nome dinastico divenne Carlo V (in Germania vi erano già stati altri sovrani con il nome Carlo).

Al grande Impero di Carlo V si contrappose il desiderio di rivalsa della Francia, governata da Francesco I prima e da Enrico II poi, circondata dal nemico, che però venne sconfitta per ben due volte e fu costretta a rinunciare alla dominazione sull'Italia e ai territori della Borgogna con il trattato di Cateau-Cambrésis (1559), accordandosi con il successore di Carlo V (che aveva abdicato nel 1556), il figlio Filippo II di Spagna.

Questo trattato sancì la dominazione spagnola in Italia.

Il '500 fu il secolo che vide fiorire, dopo l'Umanesimo quattrocentesco, il Rinascimento, che pure fu fenomeno molto eterogeneo e geograficamente non simultaneo.

Rinascimento significa, per l'appunto, rinascita. L'uomo, che era diventato sempre più importante nella coscienza dei propri mezzi già dal '300, raggiunge ora una posizione di ottimismo i cui riflessi nelle arti, soprattutto nella pittura e nella letteratura, non tardarono a farsi avvertire. E' infatti in questi filoni che avvennero i mutamenti e le evoluzioni più significative, specie in Italia, complice anche il controverso rinnovamento della lingua e il rinvigorito interesse per i testi antichi, greci in particolare.

Sempre in letteratura, importantissima è la nascita del genere del poema cavalleresco, con i grandi contributi di Ariosto prima e di Tasso poi.

Il filone musicale vide alcuni interessanti novità, ma non ci fu, fatta eccezione per la forma del madrigale, una rivoluzione su vasta scala al pari delle altre arti. Tale annunciata rivoluzione si ebbe solo sul finire del secolo, con il fenomeno del "manierismo", e poi in maniera ancora più evidente nel secolo successivo, che vide il fiorire, nel periodo cosiddetto "barocco", di tantissime nuove forme ed esperienze innovative.

Il '500 fu però il secolo che vide un deciso fiorire del genere strumentale, che proprio in questo periodo pose le basi per quelle scuole di grande tradizione che fecero grande fortuna nei secoli successivi, come ad esempio Venezia.

Si assistette, sempre in campo musicale, alla progressiva compenetrazione delle due figure, di retaggio medievale, del "musicus" e "cantor": oramai non esisteva più il teorico che conservatore di una visione esclusivamente speculativa della materia musicale senza saper parimenti comporre, cantare e, come detto sopra, magari anche accompagnarsi nel canto con uno strumento.

11.2 - La stampa

Una conquista tecnico-scientifica estremamente significativa del secolo precedente era stata l'invenzione della stampa a caratteri mobili, ad opera dello stampatore di Magonza J.Gutenberg (1456), culminata con la pubblicazione della Bibbia.

Nel campo musicale, le prime esperienze significative in tal senso si attuarono già verso la fine del '400, ma il primo vero e proprio contributo decisivo venne nel 1501 da parte di Ottaviano Petrucci, fossombronese di nascita e veneziano d'adozione. Egli stampò, a partire da quell'anno, una serie di pubblicazioni di musica molto eterogenea come messe, mottetti, frottole, chanson, usando la rivoluzionaria tecnica della triplice impressione: dapprima veniva impressionato il rigo musicale, poi le note, quindi il testo. La vera novità risiedeva nella possibilità di risolvere tutti i problemi legati alla notazione mensurale che aveva impegnato coloro i quali lo avevano preceduto. Esistevano infatti caratteri mobili per ogni singolo valore mensurale svicolati dall'altezza delle note, cosa che permetteva una notevole riduzione dei costi ed una maggiore efficienza nel processo di stampa.

Le edizioni di Petrucci rimasero come modello di riferimento in termini di qualità, chiarezza, e soprattutto equilibrio dell'impaginazione e dell'ornamentazione grafica; livello che non fu raggiunto dal francese Attaignant, che dal 1513 propose il suo metodo, più economico, dell'impressione unica mediante caratteri mobili contenenti già le figurazioni e il rigo.

Grazie all'invenzione della stampa musicale, fiorirono via via vari editori e si iniziò a stampare un'enorme quantità di opere, cadendo non di rado nell'indiscriminato atto della pirateria musicale. Le edizioni a stampa erano molto ricercate, sebbene costassero circa il doppio di un libro di testo di analogo volume, specie dai ceti più abbienti. Iniziarono ad essere pubblicati anche particolari indici per compositori e tematici per facilitare la catalogazione e la vendita delle opere commercializzate.

La stampa ebbe anche un ruolo nello sviluppo del genere strumentale. Se nel secolo precedente si assistette alla nascita dei primi trattati per viola, flauto ed organo, ora anche la trattatistica non dedicatamente strumentale subì una vera e propria esplosione che spinse lo sviluppo della teoria musicale a livelli sempre più alti.

11.3 - La musica a teatro

Sulle ali del rinnovato gusto degli antichi classici, si inscenarono, nel '500, Tragedie sullo stile di Seneca e Commedie sullo stile di Plauto e Terenzio: tali commedie erano però intervallate dalla forma musicale dell'"intermedio".

Gli intermedi, piccole sequenze musicali che intrattenevano il pubblico durante il cambio di apparato scenico tra un atto e l'altro, potevano essere "inapparenti", se i cantanti o gli strumentisti erano celati dal sipario, o "apparenti", se viceversa erano visibili al pubblico.

Questi intermedi, molto apprezzati dal pubblico (a volte anche più della tragedia stessa), potevano avere o meno (nella maggior parte dei casi) attinenza con ciò che veniva rappresentato, e alle volte erano addirittura slegati tra di loro all'interno della stessa rappresentazione teatrale.

I maggiori centri di produzione e di diffusione degli intermedi furono Ferrara, ad opera del compositore Alfonso della Viola, e soprattutto Firenze, dove si ricordava l'episodio del sontuoso matrimonio illustre tra Cosimo De' Medici e Eleonora di Toledo (1539), durante il quale, assieme ai banchetti e festeggiamenti venne rappresentata la commedia "Il commodo" con intermedi musicati da Francesco Corteccia.

A Vicenza infine, nel 1585 venne inaugurato il nuovo Teatro Olimpico, progettato da Palladio e terminato un anno dopo la sua morte: per tale occasione venne inscenata la tragedia di Sofocle "Edipo Tiranno", con la messa in musica dei cori affidata al nascente astro della scuola veneziana : Andrea Gabrieli. Per questo progetto egli scelse di avvalersi di una polifonia molto semplice (omoritmia), alternando frammenti da 1 a 6 voci per facilitare la massima comprensione del testo poetico.

11.4 - La musica popolare

La musica popolare, sui successi delle forme quattrocentesche delle frottole, dei canti carnascialeschi, delle laude polifoniche, degli strambotti, arrivò ora ad elaborare nuove forme basate sulla poesia e sulle melodie popolari, che privilegiassero la grande semplicità e la trasparenza del testo, grazie ad una scrittura quasi sempre sillabica, senza abbellimenti ed esasperati melismi.

Tale musica, come già le frottole, risultava essere musica non scritta.

A Napoli, nel 1537, venne stampata la prima raccolta di "Canzoni villanssche alla napolitana". Tali canzoni, chiamate indifferentemente anche "villanelle", o "villotte", o "napolitane", erano musiche vocali a 3 o 4 voci con un semplice andamento omoritmico di fattura anonima su testi (pure anonimi) popolari, alle volte anche di derivazione dialettale.

Altra testimonianza del genere fu la raccolta pubblicata da Filippo Azzaiolo a Bologna intitolata "Le villotte del fiore".

Altre composizioni similari erano le "giromette", o "girolmette", le "franceschine", le "mascherate" ispirate al carnevale di Venezia, e le "greghesche", che testimoniano la polietnicità e la varietà di lingue che transitavano per la città marinara veneta.

Giangiacomo Gastoldi fu invece il maggior rappresentante della similare forma del "balletto", che arrivò ad una struttura fino a 5 voci.

Ecco così nascere le "Canzoni Napolitane alla villanesca".

11.5 - Il madrigale

La forma tipicamente italiana del Madrigale vide fiorire e tramontare la sua fortuna nel giro di poco meno di cent'anni: dal 1530 al 1620.

L'origine del Madrigale risiedeva da una parte nell'arte contrappuntistica, severa, rigorosa e tecnicamente complessa dei fiamminghi e dall'altra nella la poesia e la letteratura italiana, che da Petrarca e Boccaccio fino ad Ariosto e Tasso si era eretta a punto di riferimento nel panorama europeo.

Nel 1527 il trattato "Il cortegiano" di Baldassarre Castiglione citò esplicitamente la delizia del suonare accompagnato da uno strumento (alla viola), del cantare in polifonia, e idealmente testimoniò come nelle corti il fenomeno musicale, specie polifonico, fosse estremamente radicato.

Fu invece il cardinale Pietro Bembo, uomo di alta cultura e letterato, con il trattato "Prose della volgar lingua" a porre la lingua fiorentina, ed in particolare quella colta di Petrarca (per la poetica) e di Boccaccio (per la prosa) all'apice della nobiltà linguistica a livello della nostra penisola dando il via alla corrente del cosiddetto "Petrarchismo".

I madrigali venivano composti su testi di alta poetica di Petrarca, o dei suoi successori (petrarchisti), oltrechè dei nascenti astri della letteratura italiana: Ariosto nella prima metà del '500 e Tasso nella seconda, oltre a Guarini e Marino. In alcuni casi le poesie composte erano addirittura nominate espressamente "Madrigali", fatto che evidenziava chiaramente la chiara pre-destinazione musicale.

La struttura della forma era sostanzialmente libera da schematismi (niente piedi, volte, riprese, e ed elementi di similitudine con le architetture tipiche delle frottole e delle chanson del Quattrocento), ma la perizia polifonica era alquanto elevata: dall'originaria struttura a 4 voci si arrivò a 5 e successivamente a 6. Le voci erano idealmente vocali ma ciò non impediva, saltuariamente, che alcuni rinforzi (raddoppi) strumentali venissero utilizzati.

In alcuni casi la perizia contrappuntistica spinse i madrigalisti ad eccessi non dissimili dall'Ars Subtilior trecentesca: vi fu sovente una relazione tra l'immagine poetica e quella grafica della partitura.

Il genere madrigalesco venne molto apprezzato negli ambienti di corte : proprio questi furono i veri e propri centri nevralgici in cui l genere si affermò. Esso veniva infatti considerato un puro intrattenimento per chi vi si cimentava, anche spesso per il solo piacere personale senza la presenza del pubblico.

Le partiture delle varie voci venivano stampate separatamente l'una dall'altra.

Possiamo convenzionalmente suddividere idealmente in tre periodi la breve, seppur ricca, storia dell'evoluzione del Madrigale.

Nel primo periodo (1530-1550), che costituì la radice del genere, troviamo i due fiamminghi J.Arcadelt (autore del famoso "Il bianco e dolce cigno") e P.Verdelot, che vissero entrambi a Firenze. Con Adriano Willaert, anch'egli fiammingo, si ebbe il passaggio al secondo periodo, che durò fino al 1580 circa. Di questa seconda fase fecero parte la scuola di Palestrina a Roma, Andrea Gabrieli a Venezia, Orlando di Lasso (fiammingo dell'ultima generazione) e Cipriano de Rore, che avviò il genere del Madrigale cromatico.

Nell'ultimo periodo, dal 1580 al 1620, fecero infine parte Marenzio, Gesualdo, e Monteverdi.

Luca Marenzio (Brescia 1553 - Roma 1599), di famiglia non certo nobile ed agiata, ricordiamo la produzione di villanelle, una Messa composta con lo stile della parodia e 18 libri (per un totale di 358 composizioni) di madrigali. Egli fu un compositore molto apprezzato ed ebbe modo di evolvere la sua tecnica madrigalistica da una semplice e melodiosa dei primi decenni, ad una di carattere più grave e drammatico degli anni maturi.

Carlo Gesualdo (Napoli 1560 - 1613), abile compositore e liutista, vantava invece nobili origini (principe di Venosa), cosa che permise lui di vivere agiatamente coltivando nel contempo le proprie passioni ed assecondando le sue inclinazioni artistiche.

Egli coltivò così esclusivamente due generi musicali: quello sacro, con una produzione di poca importanza, e soprattutto quello madrigalesco (5 libri di madrigali a 5 voci). I suoi madrigali furono, contrariamente a quelli di Marenzio, estremamente cupi, gravi e ricchi di tensioni e riflettevano perfettamente la sua personalità introversa, contraddittoria e irrequieta (assassinò anche la moglie, scoperta con l'amante).

Ciò è evidente nella dilatazione delle estensioni dei registri delle varie voci, spesso con sviluppi ai limiti della voce umana, nelle soventi dissonanze piuttosto dure e nella brevità e chiarezza delle melodie.

11.6 - La riforma e la controriforma

Nel 1517 Martin Lutero, monaco agostiniano, affisse alla porta del duomo di Wittenberg 95 tesi in latino per sottoporre all'attenzione di tutti la sua posizione critica nei confronti degli eccessi della Chiesa di Roma, su tutti la pratica delle indulgenze con i cui proventi veniva finanziata la costruzione della Basilica di S.Pietro.

Partì così la grande riforma protestante luterana che si pose in contrapposizione alla dottrina predicata dalla Chiesa di Roma.

Considerando che la musica era in strettissimo legame con le funzioni liturgiche, fu subito chiaro che una riforma religiosa sarebbe dovuta passare per una analoga opera di rinnovamento musicale: Lutero, che pure era compositore, si avvalse per questo motivo della collaborazione dell'amico musicista Johann Walther. La riforma musicale fu mirata ad ottenere una maggior partecipazione dell'assemblea alle funzioni religiose, visto che gli artifici contrappuntistici e la complessità delle musiche polifoniche di scuola fiamminga avevano fino a quel momento precluso ai fedeli la possibilità di poter intervenire con il canto.

Vennero quindi rinnegati gli artifici virtuosistici e venne inoltre scritta la "Deutsche Messe", in tedesco. Si tratta del primo trapasso dalla lingua del latino ad una cosiddetta volgare nelle ufficiazioni religiose.

Anche il virtuosismo canoro venne eliminato a favore di una polifonia semplice, accordale, omoritmica, basata su melodie gregoriane ben conosciute e talvolta su melodie popolari.

La forma musicale che ne devirò venne chiamata "Corale", ed ebbe in seguito un enorme successo fino a Bach ed oltre.

Parallelamente altri movimenti religiosi in aperto contrasto con la Chiesa romana sorsero in Europa: i seguaci di Giovanni Calvino, in Svizzera (basati su posizioni ancora più radiali di quelle di Lutero) fondarono il filone dei protestanti calvinisti che ebbe poi molta pregnanza nel territorio francese (a questo filone appartengono gli Ugonotti).

In Inghilterra l'"atto di supremazia" approvato dal parlamento per ordine di Enrico VIII sancì il distaccamento dottrinale e teologico dall'influenza della Chiesa Romana.

Questi fermenti reazionari scatenarono la risposta della Chiesa romana, che si tradusse nelle lunghissime sessioni del Concilio di Trento, durato, con numerose pause e periodi di stasi, dal 1545 al 1563.

Il Concilio, che ebbe in Pio V uno dei suoi maggiori papi promotori, cercò così di porre un freno a questi pericolosi movimenti separatisti e tentò di ripristinare il rigore e di riaffermare la validità e la inconfutabilità della dottrina di Roma.

La controriforma cattolica, passando per il Concilio di Trento, investì naturalmente anche l'arte musicale, che da molti secoli era saldamente legata alle ufficiazioni liturgiche : nel caso specifico si optò per un ritorno alla semplice monodia gregoriana, privata della polifonia, dei tropi e delle sequenze ad eccezione di 4 (una quinta, lo "Stabat Mater", fu riammessa nel XVIII secolo).

Venne pubblicata l'"Edizione Vaticana", del Canto Gregoriano, una sorta di testo di riferimento delle nuove tendenze musicali in ambito liturgico, la cui redazione fu affidata al valente compositore polifonista romano Pierluigi da Palestrina, che effettuò una curiosa rilettura del Canto Gregoriano in chiave mensurale, alquanto ibrida e assolutamente anti-filologica.

Gli sviluppi delle nuove leggi musicali della Controriforma videro nascere il filone dei compositori che si attennero alle nuove disposizioni in modo estremamente rigoroso (come U.Ruffo), e il filone meno rigido di coloro i quali seguirono maggiormente le proprie inclinazioni personali piuttosto che le imposizioni romane: vi appartengono lo stesso curiosamente lo stesso Palestrina e l'ultimo grande fiammingo (che pure viveva in una Monaco molto sensibile alla riforma luterana) Orlando di Lasso.

11.7 - La lauda polifonica e il madrigale spirituale

Durante il '500, specie grazie all'impulso dell'ondata di rinnovata fede innestata dal Concilio di Trento, nacquero i luoghi di culto, ritrovamento e incontro religiosi denominati "oratori", il cui maggior promotore venne riconosciuto in Filippo Neri (poi divenuto Santo). In questi luoghi, dove si leggevano testi sacri, si pregava e si pronunciavano sermoni, si sviluppò il genere della lauda polifonica, a 3-4 voci, che nel testo fruiva naturalmente argomenti legati alla catechesi. L'andamento della lauda era estremamente semplice, per poter essere intonata da tutti.

Il maggior compositore di questo genere fu un tal Ancina, già vescovo di Saluzzo, che elaborò alcune semplici composizioni profane come le "villanelle" e le raccolse in un vari libri, tra cui spicca "Il tempio armonico". Spesso infatti, a fianco della partitura di queste laude, compariva la dicitura c.c. (cantasi come) seguita dal titolo della composizione profana originale, segno che tale prassi era alquanto diffusa.

Il genere del madrigale spirituale, di contenuti similari a quelli della lauda, era invece figlio di una poesia molto più nobile e raffinata e del già conosciuto e musicalmente complesso madrigale profano: in questa nuova veste catechistica ebbe un importante ruolo di promozione della dottrina sacra tra i ceti più abbienti che già si dedicavano per proprio diletto al canto dei madrigali non religiosi. Tra gli autori specifici si annoverano anche Marenzio e Monteverdi.

11.8 - La scuola Veneziana

Mentre all'estero si stavano affermando grandi scuole musicali (spagnola, francese, fiamminga, austriaca), in Italia erano sostanzialmente due i principali centri musicali del '500: Venezia e Roma.

La scuola veneziana nacque sulla base dei pluri-generazionali insegnamenti dei compositori fiamminghi, sempre ancora molto richiesti durante tutto il '500. A Venezia, oltre al duomo S.Marco con la sua corposa cappella musicale e l'ambitissimo posto di maestro di cappella, vi erano due figure di organisti e più tardi venne istituita anche il ruolo di vice maestro di cappella. Esistevano inoltre molte altre Chiese che offrivano svariate possibilità di lavoro agli emergenti compositori d'oltralpe.

Dalla scuola veneziana di S.Marco, dove il fiammingo Adriano Willaert fu a lungo maestro di cappella, uscirono vari generi di musica sacra: dalle Messe ai mottetti, dagli inni ai magnificat, ecc...

Due furono i caratteri distintivi della scuola veneziana:

- Bicoralità, come testimoniato dalla pubblicazione nel 1550, ad opera di Willaert, di una raccolta di salmi per i vespri con suddivisione del coro in 2 sezioni, ciascuna contenente le canoniche 4 voci (8 voci in tutto, quindi).

- Strumentalità, come testimoniato dalla pubblicazione nel 1540 del libro "musica nova accomodata per cantare e suonare".

Val la pena ricorare che, sull'esempio di S.Marco, anche la basilica di S.Petronio a Bologna si dotò, verso la fine del '500 di un secondo organo.

Un contributo determinante alla fioritura della scuola veneziana fu dato, oltreché dai fiamminghi, anche da Andrea Gabrieli (1510-1586), che ricoprì la carica di  secondo organista in S.Marco e scrisse varia musica sacra tra cui mottetti, Messe, e qualche madrigale.

Ad Andrea successe il nipote Giovanni Gabrieli (1553-1612) che nel 1587 pubblicò il libro "Concerti di Andrea e Giovanni Gabrieli", contenente una raccolta di composizioni sue e dello zio.

Giovanni divenne, a circa trent'anni, primo organista, scrisse una grande quantità di mottetti pubblicati in raccolte intitolate "Sacre sinfonie": si trattava di composizioni da 8 a 16 voci che includevano anche parti strumentali, come ormai da tradizione della scuola veneziana.

La scuola veneziana era molto apprezzata anche all'estero, alcuni compositori stranieri vennero ripetutamente in Italia o richiesero espressamente di poter collaborare con alcuni valenti colleghi della scuola veneziana: il tedesco H.Schutz è un tipico esempio.

11.9 - La scuola Romana

Leggermente successiva per nascita a quella veneziana, si sviluppò nella seconda parte del '500 la scuola romana, specialmente grazie all'impulso della controriforma cattolica attuata dal Concilio di Trento.

La scuola romana ebbe in Giovanni Pierluigi da Palestrina il suo massimo rappresentante.

Dopo gli studi, Palestrina divenne ben presto maestro di cappella nel duomo della piccola cittadina natale e non appena l'arcivescovo del paese divenne Papa, ebbe modo di trasferirsi a Roma al suo seguito come cantore nella cappella Giulia (fondata in precedenza dal pontefice Giulio II).

Poco dopo, sempre come cantore, Palestrina si spostò alla cappella Sistina (fondata dal pontefice Sisto), ma fu espulso abbastanza rapidamente perché secondo la regola del pontefice Marcello, non si potevano assoldare cantori già sposati nelle cappelle pontificie. Dopo alcuni anni in cui ricoprì incarichi minori in altre cappelle musicali, divenne finalmente maestro di cappella nella cappella Giulia.

Man mano che la sua fama crebbe, aumentarono anche le possibilità di lavoro e le commissioni: venne richiesto dal duca di Mantova, per il quale scrisse le "Messe mantovane" e dall'imperatore d'Austria.

Morì nel 1594 e i solenni funerali testimoniarono la sua grande fama acquisita, che perdurò a lungo anche nel secolo successivo: molte delle sue opere continuarono infatti ad essere ristampate con grande successo.

La produzione di Palestrina, completamente priva di destinazioni e comparse strumentali, è incentrata su vari madrigali, anche spirituali, inni e mottetti, ma soprattutto Messe: delle 104 Messe, la metà (52) sfrutta la tecnica della parodia, 34 sono parafrasi, 8 in tenor. Il numero delle voci varia da 4 ad 8 e la tecnica polifonica è, pur risentendo del grande influsso e rigore fiammingo, infarcita di un ottimo melodismo tipicamente italiano e di un gusto armonico estremamente dolce del tutto estraneo alla scuola d'oltralpe.

Palestrina rimase una pietra miliare nella storia della composizione contrappuntistica italiana, tanto che alcuni musicisti ed insegnanti (ad es. Padre G.B.Martini) in secoli successivi presero ancora lui a modello nell'ambito della musica polifonica sacra.

11.10 - Le altre scuole europee

Sempre attivi nel periodo della controriforma cattolica furono altri compositori, da Morales a Guerrero, a De Victoria, che ne seguirono rigorosamente i canoni.

De Victoria, di gran lunga il maggiore tra questi, visse molto tempo a Roma dove ebbe modo di conoscere l'opera palestriniana; la sua produzione di Messe si compone di 20 opere, di cui ben 19 scritte secondo la tecnica della parodia su composizioni sacre, mentre soltanto una, intitolata "La Messa della vittoria" per celebrare la vittoria sui turchi a Lepanto nel 1571, riprendeva il modello profano della chanson di C.Janequin "La guerre". Lo stile di Victoria era alquanto melodico, tendenzialmente privo di slanci virtuosistici e brillanti.

La scuola fiamminga vide invece tramontare la sua gloriosa egemonia artistica europea con la figura di Orlando di Lasso. Nato nel 1532, ebbe modo di viaggiare molto durante la sua vita, conoscendo così vari stili musicali ed imparando tra l'altro numerose lingue, prima di stabilirsi definitivamente a Monaco, in Germania, fino alla morte sopravvenuta nel 1594.

La sua produzione è alquanto variegata e comprende, oltre ai madrigali già menzionati precedentemente, le 74 Messe di stampo decisamente anti-palestriniano: la calma pacifica e melodiosa del compositore romano lasciò qui il posto ad ardite soluzioni armoniche con largo uso di dissonanze e a ritmi spesso agitati. Fu subito chiaro che la sua relativa lontananza da Roma e dalle ferree direttive della controriforma gli permisero di operare seguendo una tecnica decisamente più libera.

Il catalogo delle sue opere include inoltre numerosi mottetti di destinazione sia sacra che profana, tra cui si ricorda quello per celebrare l'incoronazione di Carlo V, avvenuta nel 1530 a Bologna, e quello su versi di Virgilio "Dulces exuviae".

La scuola polifonica inglese risentì delle turbolente evoluzioni religiose, in aperto contrasto con la Chiesa Romana a seguito dello scisma esploso con l'"atto di supremazia" del 1534, con il quale il sovrano Enrico VIII dichiarò la sua autonomia ed indipendenza dottrinale dal Papa.

Anche a seguito della guerra dei cent'anni e successivamente delle due rose l'Inghilterra sviluppò un certo disinteresse per le vicende continentali e ciò determinò una certa autonomia anche in campo artistico: ecco così spiegata la nascita di generi come l'"Anthem" che era in realtà una versione inglese del mottetto, ed il "Service" termine con il quale si indicò la messa anglicana, ovviamente differente per struttura da quella di stampo romano.

Il maggior rappresentante di questo momento musicale inglese fu William Byrd: già organista e poi compositore al servizio della cappella reale, la sua produzione raggiunse i massimi livelli con le tre Messe in latino, i due volumi di "Cantiones Sacrae" e i "Gradualia", che coprono tutto l'anno liturgico. Egli eccelse anche nella produzione dichiaratamente strumentale, specialmente per gli strumenti della viola e del virginale, un tipo di tastiera molto difuso negli ambienti d'oltre Manica.

11.11 - Il liuto

Lo strumento di origine arabo-orientale "liuto" raggiunse durante il Cinquecento la sua conformazione tradizionale che oggi conosciamo, dopo una lunga gestazione: le prime testimonianze della presenza di questo strumento risalgono addirittura agli anni a cavallo del 1000 in alcune regioni della Spagna. Testimonianze più tardive vengono fatte risalire al XIV secolo in alcune opere del Petrarca, ma si considera storicamente il periodo fino al XVI secolo come la "preistoria" dell'evoluzione di questo strumento, mancando questi secoli di qualsiasi tipo di notazione scritta specifica.

Il liuto, ritenuto uno strumento dalle enormi possibilità espressive, a volte considerate anche eccessivamente penetranti e sensuali, compì nel '500 rapidi progressi tecnici sia nella costruzione e che nell'uso, sviluppando ulteriormente le proprie capacità: la sostituzione del plettro a favore delle dita per pizzicare le corde è un chiaro esempio in tal senso.

Naturalmente con l'invenzione della stampa musicale fanno la loro comparsa i primi trattati e le prime partiture anche per Liuto: lo stampatore veneziano Ottaviano Petrucci già nel 1507-1508 produsse le prime pubblicazioni specifiche.

Nel 1511 venne pubblicato sempre da Petrucci un libro intitolato "Tenori e contrabbassi intavolati con soprano in canto figurato" di Francesco Bossinensis (un bosniaco) per voce solista e liuto, una raccolta di composizioni basate su frottole a quattro voci con intavolatura strumentale delle voci basse, eliminazione della voce del contralto e superius cantato dalla voce umana.

Altri importanti documenti nella storia della trattatistica per liuto furono i libri pubblicati da Spinacino e Dalza nonché quello pubblicato nel 1536 da Francesco da Milano, detto "il divino" per la sua grande abilità strumentale, tutti contenenti una serie di ricercari e fantasie.

La notazione scritta per liuto assunse il nome di "intavolatura", in quanto tipicamente non riproduceva il tradizionale rigo musicale con il posizionamento delle varie figure musicali in esso, bensì le varie corde dello strumento sulle quali le figure assumevano direttamente il significato del punto in cui le corde stesse dovevano essere bloccate dalle dita per ottenere i suoni.

Una tecnica insomma molto più strumentale e pratica rispetto al più teorico sistema di notazione utilizzato comunemente.

La tecnica costruttiva e di accordatura più diffusa sul liuto durante il '500 prevedeva undici corde suddivise in cinque coppie di due corde che suonavano a distanza di un'ottava tra loro ed una singola, per un totale di sei gruppi denominati "cori". L'intonazione dei sei cori era nell'ordine crescente sol, do, fa, la, re, sol.

11.12 - Strumenti a tastiera

Le tastiere, intese complessivamente tra clavicordi, cembali, virginali ed organi, costituirono il fenomeno strumentale più importante nel XVI secolo, seppure singolarmente nessuno di questi raggiunse, forse, il liuto.

Il virginale, sviluppatosi prevalentemente in Inghilterra con il compositore Byrd, ebbe il suo nome grazie all'importante ruolo di formazione cortigiana tra le dame delle famiglie benestanti, ed era costituito da una tastiera con estensione di circa quattro ottave e da una cassa armonica perpendicolare ad essa contenente le corde, che venivano pizzicate mediante un meccanismo collegato ai tasti.

L'impiego dell'organo era invece per lo più liturgico. Vista la grande complessità realizzativa, si cercò durante il Cinquecento di limitare i costi sopprimendo i meccanismi e le canne delle note meno utilizzate, generando la tecnica costruttiva delle cosiddette "ottave corte" e delle "ottave scavezze".

E' interessante notare che la destinazione strumentale di alcune composizioni cinquecentesche, a differenza di quanto avvenne già nel periodo barocco, non era assolutamente rigorosa: ne fu testimone ad esempio la raccolta di canzoni pubblicate da Claudio Merulo, compositore, editore ed organaro, che vide la luce in due versioni, per organo e per quattro strumenti.

In alcuni casi vi era invece aperto contrasto dialettico tra i vari compositori-strumentisti: eloquente fu la pubblicazione del libro contenente "Frottole intavolate per sonar organi" a cura di Andrea Antico che riportava, nella copertina, una vignetta raffigurante una scimmia che suonava il liuto ed un gentiluomo seduto all'organo.

Un contributo importante all'organo venne da Marcantonio Cavazzoni e da suo figlio Girolamo. I loro due rispettivi libri di composizioni organistiche, pubblicati nel 1523 e nel 1543 contenevano canzoni e soprattutto i primi "ricerari", forma che si inedita forma strumentale che sviluppa in questo secolo (v.tesi n.12.2)

Se però nel '500 la pubblicazione di queste ed altre raccolte, come quelle dei fratelli Andrea e Giovanni Gabrieli della scuola veneziana, oppure di Antonio de Cabezon con i suoi "tientos" assimilabili al "ricercare" nell'ambito spagnolo, diedero un grosso impulso alla produzione di opere per tastiera, anche l'ambito della trattatistica subì un'accelerazione notevole.

Importante fu in tal senso l'opera teorica svolta dai vari Banchieri a Bologna, Antagnati e soprattutto da Girolamo Diruta, autore del grande trattato per organo "Il transilvano", pubblicato nel 1593 ed integrato poi nel 1610.

In questo trattato Diruta attribuì grande importanza all'organo, ponendolo come lo strumento supremo, e codificò una serie di consigli per la tecnica strumentale, declamando ad esempio la necessità di suonare contemporaneamente e con la massima precisione le varie note di un accordo, oppure descrivendo la descrizione della corretta posizione delle dita da tenere alla tastiera, ecc...

11.13 - La trattatistica

Le prime importanti opere strumentali del Cinquecento nacquero dall'ambito della fiorente scuola veneziana: già nel 1540 venne pubblicata una delle prime testimonianze, una raccolta di musiche per un'ensemble di quattro strumenti. Sempre a Venezia, importante fu il contributo di Andrea Gabrieli con i suoi ricercari per 8 strumenti ed il famoso brano "La battaglia" sempre ad otto voci in forma di canzone basato su un suo madrigale derivato a sua volta dalla chanson "La guerre" di C.Janequin.

Anche il nipote Giovanni Gabrieli contribuì segnatamente allo sviluppo strumentale: nella raccolta di canzoni e sonate intitolata "Sacre sinfonie" vi era la famosa sonata "piano e forte" ad otto voci per sei tromboni, un cornetto ed un fiato, così chiamata perché in essa comparivano le prime esplicite indicazioni di dinamica.

Nella raccolta "Canzoni e sonate" fino a ventidue voci, con grande abbondanza di ottoni, troviamo invece il primo riferimento esplicito al termine di "sonata".

L'ambito della trattatistica pura vide in questo secolo la pubblicazione del grande trattato per liuto "Fronimo" di Vincenzo Galilei, padre del famoso Galileo: in esso vi sono descritti molti aspetti della tecnica liutistica, oltre ad una grande varietà di intavolature, diteggiature e tecniche costruttive dello strumento.

Il trattato "La fontegara" del veneziano Silvestro Ganassi, che ebbe il suo nome al "Fontego", il quartiere di residenza dell'autore, fu di estrema importanza nel panorama dell'evoluzione teorica del flauto dritto; esso conteneva la descrizione della tecnica della diminuzione oltre ad altri aspetti, ed insisteva infine sulle varie modalità di articolazione della voce (i famosi "lere-lere", "tere-tere", "teche-teche"): alcuni aspetti ivi esposti vengono tuttora considerati importanti nell'insegnamento di alcuni fiati.